
“La Resistenza fu uno spontaneo moto di popolo, e va sentita in una chiave allargata, senza alcuna pretesa di egemonie. Ci fu, ed è storicamente accettato, la Resistenza dei nostri soldati, a Cefalonia, nell’ Egeo, in Corsica, nei Balcani… E poi quella dei nostri prigionieri nei lager tedeschi, che rifiutarono di passare sotto le bandiere dell’ ultimo fascismo. E ancora, quella della popolazione civile, che aiutò profughi e fuggiaschi. Infine, punta avanzata e fondamentale, la resistenza delle formazioni partigiane, attive specialmente al Nord”. Carlo Azeglio Ciampi pronuncia queste parole rispondendo ad alcune domande in un’intervista al Corriere, lo scorso 22 aprile. Basterebbero queste sobrie riflessioni a definire il 25 aprile, il suo significato più profondo e vero. Purtroppo ancora oggi questa nostra Italia non può dirsi un paese pacificato, una nazione incardinata su una memoria condivisa al pari di tante altre nazioni europee, riemerse più forti e unite dalla devastante esperienza del secondo conflitto mondiale. Premessa. Il 25 aprile è un baluardo di valori da cui è impossibile prescindere per chi voglia dirsi sinceramente “Italiano”: libertà di opinione ed espressione, democrazia, tolleranza, stato di diritto. Sono alcune delle istanze che dal 25 aprile 1945 si sono radicate forti nel sentire della nazione. Tuttavia, non si può negare che dietro il vessillo della Lotta di Liberazione siano stati commessi crimini, nefandezze e aberrazioni per troppo tempo taciute, per troppo tempo rimosse dalla memoria comune. Un silenzio assordante che a distanza di decenni ha cominciato a squarciarsi e a far emergere i primi vagiti di una storiografia più onesta e plurale. www.unmondoditaliani.com
Scritto da : Mina Capussi 26/04/2009
Scritto da : Mina Capussi 26/04/2009
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