martedì 14 settembre 2010

Antonio Buglione, 59 anni di Saviano video del sequestro

E' giallo sulla richiesta di riscatto
Secondo gli investigatori il commando era composto da otto persone Ritrovata l´auto della vittima, la Panda si trovava non distante dalla sua casa


L'unica cosa certa è il filmato del rapimento. Una telecamera a circuito chiuso registra il sequestro di persona da parte di un commando armato diviso in due squadre a bordo di altrettante auto. Si vede bene la vittima dell´agguato: è Antonio Buglione, 59enne imprenditore degli istituti di vigilanza presente in numerose inchieste giudiziarie, il suo nome sempre accanto a quelli di prefetti e senatori. Ma anche imprenditore vittima del racket. Contatti pericolosi con la camorra del nolano. Scomparso da domenica sera, sequestrato in modo anomalo, molti punti interrogativi e il movente "classico" dell´estorsione poco convincente per gli inquirenti dell´Antimafia. Molte stranezze, a cominciare da una telefonata troppo frettolosa dei presunti sequestratori che chiedono cinque milioni di euro per rilasciare Buglione. Dinamica poco chiara, movente da individuare tra parecchie ipotesi.
Domenica sera, tra le otto e le otto e trenta. Giorno festivo in un centro della provincia quale è Saviano. Dove anche un imprenditore ha tempo da trascorrere al bar con gli amici. È un circolo ricreativo dove si conoscono tutti, lì c´è anche l´imprenditore Buglione, fratello del sindaco della cittadina, Rosa. Arriva l´ora di cena, lui va via a bordo della sua Panda. L´utilitaria verrà ritrovata ieri dai carabinieri parcheggiata in via Abate Minichini tra Saviano e Nola. Dettaglio oscuro, perché il luogo dista circa tre chilometri da via San Liberatore, dove abita Buglione. Presumibilmente l´uomo fa un tratto di strada a piedi, fin sotto casa, dove si trovano le telecamere a circuito chiuso. E dove avviene il sequestro, quando piombano su di lui due auto. Ci sono otto uomini nel commando. «È stato preso di peso e portato via», trapela a fatica dagli investigatori.
Si ferma tutto lì, a domenica sera intorno alle otto e trenta. L´allarme scatta qualche ora dopo con la richiesta di riscatto. I presunti rapitori chiamano il fratello della vittima, Carlo Buglione. Hanno il suo numero di cellulare. Chiedono cinque milioni di euro. Così presto? È un altro elemento anomalo della vicenda. Che spalanca una voragine di dubbi negli investigatori. Sequestro a scopo di estorsione "classico"? La Campania non è la Sardegna né la Calabria, il territorio non consente di nascondere un ostaggio e la scuola criminale è molto diversa. Il nolano è però territorio del clan Fabbrocino, noto per le numerose vendette con la formula della lupara bianca. Persone scomparse e ritrovate morte tempo dopo. Ma allora, perché chiedere il riscatto? Un depistaggio, forse, cui non vogliono dar credito gli inquirenti. D´altra parte la possibilità di una estorsione sui generis. Buglione rapito perché ha un debito con qualcuno: deve del denaro a chi organizza il rapimento. Oppure la convinzione, da parte dei malviventi, che quella richiesta di riscatto sarebbe rimasta in famiglia e che si poteva trovare presto un accordo riservato.
Che nessuno avrebbe avvertito le forze dell´ordine. Infine l´ipotesi della messinscena, un sequestro simulato. Piste tutte valide al momento, mentre cominciano gli interrogatori dei parenti e i controlli sui tabulati telefonici. L´analisi del filmato - unica cosa chiara, dunque, dell´intera vicenda - a caccia di dettagli per individuare i responsabili. E su una vicenda estremamente anomala l´aggiunta di un riserbo se possibile pure anomalo da parte degli investigatori. Che tacciono e rispondono tutti con gelidi "no comment". Mentre nel nolano non volano elicotteri delle forze dell´ordine e non ci sono posti di blocco ad ogni arteria di collegamento. Silenzio e calma apparente in attesa di un passo falso che indichi la pista giusta da seguire.
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